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  • Giulia Guerrato

Apologia degli studi classici


Cara studentessa ginnasiale (sì, lo so: questo aggettivo è ormai obsoleto, ma noi classicisti siamo un po’ old-fashioned),

stai muovendo i primi passi in questo mondo, forse stai ancora imparando a stare in piedi. Non sai cosa ti aspetta… No, non è una minaccia, ma una constatazione: non lo sai perché non lo puoi neanche immaginare. Forse hai delle aspettative, ma – credimi – la realtà le può stravolgere. Non puoi immaginare che ti innamorerai tanto da riuscire a cogliere la bellezza di un’ora di lezione, da meravigliarti di cosa possano fare una trentina di menti in un’aula fredda e spoglia. Sì, perché in un’aula fredda e spoglia evochiamo mondi che non esistono più, ma che non si può fare finta che non siano mai esistiti; diamo voce a uomini che senza di noi non ce l’avrebbero più; ne ascoltiamo e leggiamo le storie, accorgendoci che – dopotutto – anche loro qualcosa del mondo l’avevano capita. Guardiamoci intorno: quanto di ciò di cui ci serviamo quotidianamente esisteva duemila e più anni fa? Poco o nulla. Eppure, le loro storie sono storie di uomini come noi, che amavano, odiavano, parlavano del bene, del male, dell’amore, della virtù, della vita e della morte in modo commovente, ma – al contempo – si combattevano in modo atroce per avidità o intolleranza. In fondo, la natura umana è una costante piuttosto forte, anche in un mondo che cambia velocemente. Quanto ci è rimasto è solo la punta dell’iceberg: molto è stato perduto, ed irreparabilmente. Scoprirai che la classicità non è proprio come te la spiegano i libri di scuola: austera, monumentale, statica, candida come il Partenone; era viva, colorata, chiassosa, anche se ora ne percepiamo solo un’eco sbiadita, che risuona da duemila e più anni attraverso Medioevo, Umanesimo, Rinascimento e Romanticismo, che l’hanno diversamente recepita ed interpretata. Imparerai che non è possibile capire esattamente come fosse davvero, che ha innumerevoli sfaccettature. E – forse – è proprio questo il suo fascino: è così radicata in noi, ma anche così distante da noi. Noi siamo figli suoi, ma lei non ci appartiene del tutto. Avrai – forse – la sensazione di stare inseguendo qualcosa di sfuggente, di voler toccare qualcosa di impalpabile; alcuni – forse – ti diranno che il tuo studio non è scienza, che è approssimativo o relativista perché non esiste la verità, che è tutto “più o meno”. Ti irriterai, ma non lasciarti convincere: vedrai che la bellezza di un verso o di una frase ha la stessa dignità e la stessa perfezione di una formula matematica. Sii sempre curiosa ed aperta alle novità, ma mai nostalgica: non lasciare che l’amore per il passato sia una zavorra. È un ponte per il futuro: sfruttalo al meglio.


Nota

Qualche tempo fa seguii una lezione di grammatica greca sui sofisti, stranieri portatori di παιδεῖα, “educazione”. Di loro si occupò uno dei maggiori filologi classici del secolo scorso, Carl Joachim Classen, un tedesco che insegnò il latino in inglese in un’università nigeriana: di fatto, uno straniero portatore di παιδεῖα. Ricordo che – appena udii questa curiosità – mi sorse spontanea una domanda: perché qualcuno dovrebbe insegnare il latino in Nigeria? Classen vi era stato inviato da Oxford tra il 1956 ed il 1959 – era infatti rimasto legato all’università inglese, dove aveva trovato rifugio, anche dopo la fine della seconda guerra mondiale – per educare i coloni nigeriani alla Western civilization: una conquista culturale, non militare, proprio alla maniera dei sofisti. Una sfida interessante per un giovane accademico tedesco prestato all’Inghilterra, che – forse per provocazione – rilanciò la mia domanda ai suoi studenti nigeriani, affidando loro il compito di scrivere un’apologia degli studi classici: perché studiare la classicità? Compito affatto facile; ho pensato e ripensato: io cosa scriverei?

E voi, cosa scrivereste?


La foto è stata scattata a Capo Sunio il 26 febbraio 2014, testimonianza di un viaggio indimenticabile (spero perdonerete lo scatto un po' amatoriale!).


A chi ha contribuito e contribuisce a rendermi chi sono

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