È guerra
- Luca Nucera
- 22 feb 2015
- Tempo di lettura: 2 min

Sono trascorsi anni, ormai, da quando lo Stato Islamico ha visto la luce: il rischio che avvenisse ciò che ora è successo era già palese da tempo. Ma l'incompetenza e la paura di apparire razzisti hanno fatto chiudere gli occhi e tappare le orecchie a molti: è stato fatto di tutto per far passare come guerrafondai quelli che preannunciavano questa situazione. Ed ora, ora che tutto ciò è reale, tutti che si fingono esperti, tutti che dicono "ve l'avevo detto".
È (ufficialmente) guerra. Lo Stato Islamico ha conquistato Sirte, città costiera libica che dista meno di 500km dal territorio italiano, imponendo un regime di coprifuoco dopo aver occupato tutti gli edifici pubblici. E sta avanzando, quotidianamente. Risulta inutile, se non dannoso, il buonismo delle istituzioni italiane ed occidentali: il non-agire non ci salverà.
L'errore iniziale è stato fatto sostenendo le "primavere arabe": quelle che sarebbero dovute essere delle primavere si sono velocemente trasformate in tristi autunni. Al posto di dittatori che governavano con mani lorde di sangue, ora ci sono vuoti di potere nei quali si inserisce la realtà dello Stato Islamico. E allora sorge una domanda: quei Paesi del mondo occidentale che hanno sostenuto le primavere arabe, che volevano armare i ribelli che lottavano contro Assad (ribelli che, guardate un po', si è capito facenti parte dell'ISIS), e che prima ancora hanno deposto e giustiziato anche Saddam in Iraq, quei Paesi si sono resi conto del devastante errore che hanno commesso? Eliminando Saddam, eliminando Gheddafi, eliminando Mubarak, quei Paesi hanno letteralmente aperto la strada al fondamentalismo islamico. Non che Saddam o Gheddafi o Mubarak fossero dei santi, anzi: ho già detto che governavano con le mani lorde di sangue. Ma il loro governo era fondato su uno scambio reciproco di favori tra Stato e clan locali, i quali erano coloro che controllavano effettivamente il territorio. Cancellando questi rapporti di fedeltà e di aiuti reciprochi, il mondo occidentale ha senza alcun dubbio contribuito in maniera notevole allo sviluppo di forme integraliste di governo.
Ma ormai quegli errori sono stati fatti e bisogna ora rimediare, e possibilmente il più in fretta possibile.
La minaccia è reale e immediata. I terroristi dello Stato Islamico sono a poche centinaia di chilometri di distanza dal nostro Paese, mentre certamente esistono all'interno dell'Italia delle cellule pronte ad attivarsi al primo segnale. L'Italia è voluta intervenire, nel corso degli anni e dei governi, in "missioni umanitarie" o in guerre vere e proprie i cui risultati si vedono oggi sulle coste della LIbia. Per questo motivo, per sradicare il pericolo dalla base, l'ONU deve intervenire in nord Africa e Medio Oriente. Bisogna debellare lo Stato Islamico e assicurare la sicurezza nazionale. L'Italia deve pretendere che le Nazioni Unite partecipino e si schierino a fianco del nostro Paese non con parole vaghe, ma con azioni chiare: l'invio dell'esercito sulle coste libiche è una priorità alla quale non ci si può sottrarre. La Giordania ha reagito all'uccisione del proprio pilota con fermezza, bombardando incessantemente le postazioni del califfato. L'Italia cosa sta aspettando? L'Europa cosa sta aspettando? La sicurezza dei confini e la protezione del territorio comunitario dovrebbero essere priorità europee. A rischio, ancora una volta e sempre di più, c'è la nostra cultura, la nostra storia e le nostre libertà. Non possiamo permettere a nessuno di sottrarcele.
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