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Anna Stepanovna Politkovskaja

  • Immagine del redattore: Luca Nucera
    Luca Nucera
  • 9 ott 2014
  • Tempo di lettura: 1 min

Sono trascorsi 8 lunghi anni. Ma fino ad allora, erano in pochi in Europa a conoscerla: la fama, come spesso accade ai più grandi, giunge dopo la morte. Ora, infatti, è diventata il simbolo della libertà di espressione, della lotta contro la censura e contro uno Stato che, sulla carta è democratico, in realtà è ancora legato ai vecchi schemi del passato.


Firma di punta di Novaja Gazeta, si occupò principalmente di diritti umani (e della loro sistematica violazione da parte delle forze di sicurezza russe), della Cecenia e della condotta non proprio limpida del Premier Vladimir Putin. Più volte minacciata, e più volte costretta a fuggire all'estero, fu uccisa il 7 ottobre 2006 nell'ascensore di casa: l'editore di Novaja Gazeta ha confermato più volte l'imminente pubblicazione di articoli sulle torture commesse dalle forze di sicurezza cecene legate a Ramsan Kadyrov, Premier ceceno.


I giornalisti di Novaja Gazeta uccisi dal 2000 ad oggi sono cinque: cinque giornalisti o collaboratori uccisi per inchieste scomode e per non essersi piegati agli uomini forti della Russia. Anna Politkovskaja era una di questi giornalisti che hanno pagato con la vita l'aver fatto il proprio dovere.


Credeva alle "cose vedute con gli occhi e toccate con mano" piuttosto che alle emozioni e alle sensazioni. Apparteneva alla categoria di giornalisti in via di estinzione, di quelli che vanno avanti per la loro strada. Era una donna che amava il proprio lavoro, svolgendolo ogni giorno con la passione di chi crede ancora in degli ideali per i quali si è disposti anche a morire.

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