Vietato l'accesso ai cani e agli studenti del Montale
- Luca Nucera
- 30 set 2014
- Tempo di lettura: 5 min

Questa è una storia di ingiustizie, di inadempienze, di incapacità, di paure, di passività e di silenzio.
Questa è una storia simile a quella di molti altri ragazzi.
Questa è una storia per cui mi vergogno di essere italiano.
Era l'inverno tra il 2008 e il 2009 e come centinaia di migliaia di altri studenti stavo scegliendo la scuola superiore da frequentare a partire dall'anno successivo. La mia scelta, poco ragionata e molto spinta dalle emozioni, cadde sul Liceo Classico "E. Montale" di San Donà di Piave. Sia chiaro, mai scelta fu più azzeccata: tornando indietro rifarei altre mille volte il classico, ed altre mille il Montale. Quanto ho ricevuto da quella scuola è difficile dirlo a parole: bisognerebbe provarlo, passare cinque anni lì dentro, vivere a stretto contatto con le straordinarie persone che ho conosciuto. Bisognerebbe tornare indietro nel tempo per capirlo e per viverlo.
Per questo motivo il Liceo Montale è ancora la mia scuola. Per questo motivo qualsiasi cosa accada al Montale mi interessa, mi riguarda come se la frequentassi ancora. Anche l'incombenza delle sedi. Ed è da qui che comincia la storia di ingiustizie, di inadempienze, di cecità, di incapacità, di paure, di passività e di silenzio di cui parlavo prima.
Scelsi il Liceo Montale per il senso di familiarità che solamente quella scuola riusciva a darmi: entrare tra quelle mura era come entrare a casa: a darmi il benvenuto c'era un'immensa famiglia formata da oltre 500 persone. Nel giro di pochi mesi, le conoscevi quasi tutte. Quasi, perché circa 5 classi erano dislocate nella succursale, all'ITIS "Volterra". (Chi si trovava lì, poi, in due settimane aveva già stretto amicizia con tutti i colleghi classicisti).
Se dicessi che nell'aria si riuscivano a sentire i problemi che da lì a qualche anno sarebbero sbocciati, mentirei. Si viveva una placida quiete che insonnoliva chi la respirava. Piccole scaramucce non degne di nota ci saranno anche state, ma ero troppo piccolo per capire quello che mi circondava.
I problemi vennero a galla durante la prima liceo (ossia il terzo anno), ma anche in quel momento l'attenzione di tutti noi era rivolta ad altre questioni, più fumose: i distributori di profilattici sono un esempio.
Solamente l'anno seguente, in seconda liceo (ossia il quarto anno), il fiume di problemi ruppe gli argini e alterò il clima di tranquillità e placidità che respiravamo. Ruppe gli argini con la più grande rivoluzione mai avvenuta nel Liceo "Montale" da quando divenne indipendente nel 1976, e cioè la nascita della sezione linguistica. Sì, avvenne in quel momento: ci rendemmo conto seriamente che gli spazi a nostra disposizione non bastavano più. E da allora le sedi sono cresciute sempre più: oggi sono diventate 4, disperse per San Donà. E ringraziamo la Preside se non sono di più: per non disperdere ancora gli studenti del Montale, ha compiuto un'altra piccola rivoluzione: ha eliminato il laboratorio di informatica, trasformandolo in un'aula; ha diviso l'aula magna in due, creando lo spazio per un'altra aula; ha relegato l'aula insegnanti in due sgabuzzini per liberare lo spazio per un'altra aula. E a breve una classe finirà in quella che, ai miei tempi, era la biblioteca. Insomma, la sede centrale avrebbe a disposizione 15 aule. Oggi ospita 18 classi.
E se questo a qualcuno può sembrare poco (in fondo ci sono scuole messe peggio, ed è vero), la segregazione a cui sono costretti gli studenti in alcune succursali rasenta alcune dittature del '900: ricreazioni ad orari diversi da quelli dell'Istituto ospitante; possibilità per gli studenti di uscire durante l'intervallo solamente in uno spazio limitato del giardino sul retro; divieto di soffermarsi nell'atrio dell'entrata dell'Istituto. Manca solamente il cartello "Vietato l'accesso ai cani e agli studenti del Montale", si dice in giro. Ma è il nastro che separa gli spazi destinati agli studenti del Montale e a quelli dell'Istituto ospitante, trattando gli studenti del Montale come appestati o come bestie, a fare rabbia: azioni di questo tipo alimentano solamente la concorrenza e i pregiudizi tra gli studenti dei vari Istituti, oltre a dimostrare l'ignoranza di chi ha tirato quel nastro. A cambiare tra chi sta di qua e chi sta di là del nastro sono solamente le materie insegnate e la cultura che si riceve. Chi alza le barriere non capisce di trovarsi sulla medesima barca: isolando gli studenti del Montale, costringendoli a spazi ridotti, trattandoli come appestati non riuscirà a far ottenere una sede nuova e capiente al Liceo. Solamente unendo gli sforzi, combattendo insieme, si riuscirà ad ottenere qualcosa: non arraffando tutto quello che si può, scalciando come asini per avere il più possibile per sé. Questo è l'obiettivo di chi avrebbe dovuto dare risposte alle scuole e non lo ha fatto: dividere. Divide et impera. E ci stanno riuscendo.
Per questo bisogna coinvolgere gli altri Istituti di San Donà nella battaglia del Montale: una scuola che forma eccellenze riconosciute in tutto il mondo, a cui però da sempre sono toccati gli scarti degli altri Istituti, le succursali e gli edifici dismessi, quelli per cui proprio non si riusciva a trovare altro scopo. E questo fa male: vedere che in trent'anni il Liceo Classico sia l'unica scuola del Sandonatese a non aver ottenuto una nuova sede. Gli altri studenti degli altri Istituti, siano essi privati o pubblici, frequentano edifici nuovi, ristrutturati da poco. E da questo si capisce che manca la volontà politica di fornire al Montale un nuovo complesso. Forse, "chi-di-dovere" non apprezza la libertà a cui gli studenti del Classico sono istruiti. Forse, "chi-di-dovere" non ritiene gli studenti del Classico sufficientemente meritevoli. Forse, "chi-di-dovere" si è dimenticato che proprio dal Classico italiano sono usciti i più grandi scienziati a livello mondiale della seconda metà del '900. Forse, "chi-di-dovere" non ha saputo gestire correttamente la cosa pubblica, non riuscendo a prevedere quale sarebbero state le tendenze sociali degli anni a venire. Insomma, "chi-di-dovere" avrebbe dovuto fare un altro mestiere: fornire a scuole in declino spazi più ampi, e non fornire spazi a chi invece sta crescendo non è sinonimo di buona gestione.
Però è anche vero che nel 2010 la giunta provinciale ha approvato una delibera che prevedeva la costruzione di una nuova sede per il Liceo Montale. Meraviglia che, ad oggi, è rimasta solamente sulla carta. Intanto però avanzano nuove proposte: la costruzione di un nuovo piano al di sopra di quelli esistenti oppure la sistemazione in container posti nel giardino interno della sede centrale. Insomma, genialate il cui inventore spero non venga pagato con i miei soldi.
In questi anni, vari "chi-di-dovere" hanno visitato la scuola, garantendo che essa era la priorità: sindaci, assessori comunali, presidenti di provincia, assessori provinciali. Tutti promettendo miracoli che, puntualmente, si sono persi nei corridoi delle carte bollate.
Per questo motivo bisogna alzare la voce, battere i pugni sul tavolo, PRETENDERE che i progetti siano presentati entro la fine dell'anno scolastico e che i lavori per una nuova sede vengano avviati entro la fine del prossimo anno solare. Insomma, è giunto il momento che il Montale abbia delle risposte serie dalla politica: essa deve prendersi le proprie responsabilità, facendo delle scelte, trovando i soldi nello stesso modo in cui li trovano per altri progetti. Insomma, la politica deve capire che è finito il tempo delle chiacchiere, delle promesse a vuoto, delle strette di mano davanti alle televisioni e ai giornali. Quando la luce dei riflettori si spegne, i sorrisi da stampa svaniscono e le promesse si disperdono: i nostri problemi rimangono ancora là.
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