Reportage dal fronte
- Luca Nucera

- 24 lug 2014
- Tempo di lettura: 3 min

Uscendo dall’aeroporto Eleftherios Venizelos, dopo aver inspirato a pieni polmoni quell’aria che sembra tanto diversa dalla nostra, la prima impressione che si ha è di desolazione, sostituita dopo poco da una di decadenza. Lungo la strada che dall’aeroporto conduce ad Atene è un alternarsi tra queste due sensazioni: saranno date un poco dalla vegetazione (la macchia mediterranea), un poco da quelle baracche abbandonate o quei cartelloni pubblicitari arrugginiti. Ma, lentamente, subentra anche un’altra emozione: la paura. In quale condizione sono realmente i greci? Le prime risposte non sono incoraggianti: la periferia di Atene è costituita da edifici abbandonati, negozi dismessi. Sembra quasi di essere entrati a Beirut o a Baghdad dopo un bombardamento: si nota con estrema chiarezza la mancanza di normale manutenzione delle case, anche di quelle abitate. E se con “normale manutenzione” intendiamo operazioni come riparazioni, sostituzioni, tinteggiature, un brivido lungo la schiena è il minimo: perché se queste persone non possono permettersi neppure di sostituire una tapparella, una tenda, una finestra rotta, come possono vivere una vita dignitosa? Le uniche parole che posso associare a questi quartieri sono degrado, povertà, abbandono.
Il centro di Atene mette in mostra un solo ostentato benessere: la polizia invita i barboni ad allontanarsi dal viale principale – meglio nascondere gli scarti di una società troppo presa dal salvarsi per salvare gli altri. E anche se la via di fronte al Parlamento (il centro) è affollata, i negozi sono vuoti. Vuoti come gli occhi delle persone, dei greci, che hanno perso la speranza: ti guardano senza vederti, consunti nell’animo più che nel portafogli, convinti di non avere le capacità per salvarsi. Vittime di un’Europa totalitaristica che, alla faccia delle grandi parole sull’unione di popoli, impera come un tiranno in compagnia della Germania (di nuovo Führer di questo continente) e del Fondo Monetario Internazionale, dettando l’agenda economica degli Stati senza considerare le diversità di ogni realtà. (Alla faccia anche del motto comunitario “Uniti nella diversità”). Hanno tolto la speranza ai greci, e un popolo che non sa sperare non ha un grande futuro: ci sono riusciti facendoci crede che il debito pubblico sia la causa di tutti i nostri mali. Che la Germania si sia dimenticata di avere un debito pubblico ben superiore al nostro? Che si sia dimenticata di aver violato i trattati europei -Mahastrich in primis - tagliando il costo del lavoro grazie all'aumento del debito pubblico? Che abbia fatto finta di non sentire il rapporto di una università tedesca che avvisava il governo della cancelliera dell'insostenibilità del loro sistema di rifinanziamento del welfare? Che non abbia capito che il rigore con il fine del rigore non porta da nessuna parte, mentre il rigore per la crescita porta al benessere?
È facile recarsi in visita di Stato ad Atene, incontrare qualche ministro e qualche banchiere, tagliare qualche altro milione qua o là e poi dire che i greci sono stati bravi. La cancelliera non ha visto i greci pagare la spesa interamente con i buoni del governo; non ha visto quella donna con una scarpa sola, mentre l’altro piede era avvolto in un sacchetto di plastica; non ha visto l’altro uomo (appartenente al "ceto medio") rovistare nell’immondizia nel pieno centro di Atene; non ha visto le vittime delle sue politiche dittatoriali dormire fianco a fianco sotto gli occhi della folla di greci. Non ha visto gli scheletri degli edifici lasciati incompiuti per l’allungarsi della crisi, una piovra che, con le sue lunghe braccia, ha attanagliato ogni settore ellenico. Non ha visto i negozi abbandonati, non ha visto le farmacie chiuse, le banche chiuse, le assicurazioni chiuse, le concessionarie chiuse, i policlinici chiusi. (E se non ti curi, come puoi vivere?). Non ha visto la disperata condizione della popolazione, i corpi curvi sotto il peso delle sue "ricette", gli occhi bassi di chi si sente umiliato e la stanchezza di vivere che essi trasmettono. Non ha visto i graffiti (e se anche li avesse visti, non li avrebbe capiti) in cui c'era scritto "mi stanno torturando". E forse non ha guardato la bandiera greca che sventola con orgoglio in ogni angolo della Grecia, anche il più remoto. (Quasi a dire che, nonostante tutto, loro non si svendono). Ancora più grave, invece, è la mancanza di un progetto politico-economico che non sia basato su una sovra tassazione (senza sapere neanche che la forza di un governo è inversamente proporzionale al peso delle imposte) e che sia realmente a vantaggio dei popoli. Ma non sa neanche cosa pensava Churchill su quello che è diventato il rigore tedesco. “Una nazione che si tassa nella speranza di diventare prospera è come un uomo in piedi in un secchio che cerca di sollevarsi tirando il manico”.

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