top of page

Ecco perchè Obama ha fallito

  • Immagine del redattore: Luca Nucera
    Luca Nucera
  • 12 lug 2014
  • Tempo di lettura: 4 min

"Si vis pacem, para bellum", dicevano. Se vuoi la pace, prepara la guerra. Mai quanto oggi questa frase è stata drammaticamente vera quanto attuale: gli unici a non averlo capito, a quanto pare, sono i governanti. A partire proprio dal Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama c

he si è lasciato sfuggire un'occasione storica: riportare gli Stati Uniti d'America alla condizione di superpotenza. Perché, diciamocelo, oggi l'America non lo è più: è semmai una vecchia signora che a stento si regge in piedi. Come avrebbe potuto riportare gli Stati Uniti allo splendore di un tempo, e cioè quando i Paesi tremavano davanti alla sua forza? Semplice: impedendo a Putin di diventare il mediatore per la crisi siriana. (Per la quale, tra l'altro, ha ricevuto la nomination per Nobel per la Pace. Povero Nobel, povera pace). O, ancora più recentemente, inviando le truppe in Iraq a difendere quel, seppur fragile, seme di democrazia. Perché, nonostante tutti i dubbi che l'Occidente restio sta sollevando, Al Baghdadi è più pericoloso di Bin Laden: il leader di Al Qaeda non controllava territori, e la sua missione era di terrorizzare il mondo; Al Baghdadi invece ha conquistato intere regioni a cavallo tra Siria e Iraq, e la sua missione è di conquistare un impero di dimensioni enormi. (Come ha annunciato durante la preghiera nella moschea di Mosul e come dimostra la cartina con evidenziati in nero i territori da sottomettere: dalla Spagna al Bangladesh, attraverso il nord Africa ed il Medio Oriente, e da Vienna al Congo, attraverso l’intera penisola balcanica e il centro Africa).


Che Obama sia un uomo carismatico, è evidente. Che l’intero mondo occidentale lo ami, è evidente. Che tutti si aspettassero grandi cambiamenti da lui, è evidente. Ma è altrettanto evidente come, almeno in politica estera, questi cambiamenti abbiano avuto effetti negativi: era il dicembre 2011 quando Obama annunciava l’avvenuto ritiro dall’Iraq, e dopo neanche tre anni la situazione nel Paese è degenerata, costringendo il Presidente americano ad inviare nuovamente le proprie truppe (anche se in verità si tratta solamente di un misero manipolo di soldati). Ma Obama, che cavalca spudoratamente i sentimenti della popolazione, non ha intenzione di cominciare una nuova guerra: ha già chiarito che l’intervento statunitense si limiterà al supporto del regolare esercito iracheno. (Esercito male armato, addestrato alla bell’e meglio e propenso alla diserzione).


Ma ecco dove ha sbagliato Obama.

Ha compiuto l’errore iniziale in Siria, con quella sua scelta di non inviare un esercito in difesa della popolazione: in questo modo ha lasciato campo libero alle milizie di Al Qaeda (di cui faceva parte anche Al Baghdadi). Non trovando alcun ostacolo, queste milizie sono diventate sempre più forti, ed hanno cominciato a guadagnare fedeli. E con quei fedeli ha dato avvio alla creazione di un califfato.

Il secondo errore che sta compiendo in questi giorni, invece, è ancora più grave: non ha il coraggio di assumersi la responsabilità dell’avvio di una nuova guerra, una guerra di difesa della popolazione con l’aiuto della popolazione stessa. Ha deciso di lasciare gli iracheni in balia delle proprie, inefficienti, forze. E uno dei risultati, oltre all'avanzata dello stato islamico del levante ed oltre alla chiamata alle armi di volontari (in particolar modo sciiti), è la distruzione di manufatti e reperti storici considerati infedeli. (Gioco a cui siamo stati abituati dai talebani dell'Afghanistan che si sono divertiti a distruggere le vestigia delle culture precedenti, come i due Buddha di Bamiyan, e che abbiamo visto nelle tremende immagini del saccheggio del museo nazionale iracheno durante la guerra del 2003). Dobbiamo preparaci a subire ancora una volta tale scempio: attorno a Mosul si trovano infatti numerosi siti archeologici di inestimabile valore. Si tratta delle monumentali città assire, con sculture immense e bassorilievi che solamente da poco vengono studiati dagli storici. In questa intervista, il direttore del museo archeologico nazionale racconta come i ribelli si siano insediati all'interno del museo stesso, aspettando che fosse impartito l'ordine di distruzione dei manufatti. Ma a quanto pare, Al Baghdadi si intende molto di storia: il suo patrimonio personale, che ammonta a circa 2 miliardi di dollari, deriva in buona parte dal commercio di opere d'arte trafugate e rivendute al mercato nero. Già numerosi scritti storici sono ricomparsi al di là del confine. L'unico modo per evitare un tale sfacelo, sempre secondo il direttore del museo archeologico nazionale, è la popolazione locale: solamente la differenza di fede (sunniti, sciiti) risveglierà l'identità culturale delle tribù locali, dando loro la forza di difendere la propria storia.


Ma Obama, in tutto questo discorso, che fa? Se in politica interna ha messo in atto riforme degne di molti suoi predecessori, in politica estera pare abbastanza assente. Che si sia forse dimenticato di rappresentare gli Stati Uniti d'America, i cui valori fondanti sono la democrazia e la libertà? Nella storia ed in politica ci sono momenti in cui non è lecito avere paura: diventa immorale e scorretto. In questi momenti si è obbligati a prendere una posizione, non si può rimanere con il piede in due staffe. E tirarsi indietro è vigliaccheria.

 
 
 

留言


  • Facebook Social Icon
  • Twitter Social Icon
  • Instagram Social Icon
bottom of page