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  • Immagine del redattoreLuca Nucera

Dalla parte sbagliata della Storia


Non ci sono e non ci possono essere mezzi termini: i leavers sono dalla parte sbagliata della Storia.


Lo so, dirlo non cambia il risultato né tantomeno quello che ci aspetta. In verità non mi fa stare neanche meglio, perché provo un insieme di emozioni diverse supportate da un frullare di pensieri contraddittori. Perché sì, i leavers sono dalla parte sbagliata della Storia, ma non riesco ad incolpare la popolazione. Ma il popolo non è sempre da giustificare, perché il popolo ha permesso un’infinità di schifezze, nella Storia. Ma proprio non riesco a dire “gli inglesi cosa accidenti hanno votato”. Non riesco, perché gli inglesi hanno fatto il grande salto, hanno detto chiaramente “ragazzi, quest’Europa così non ci sta bene e, visto che non si cambia, noi ce ne andiamo”. E, diciamocelo, hanno pure ragione. Insomma, parlo da europeista convinto, quest’Europa no el zè farina da far ostie. Ha un’infinità di difetti, di problemi, di errori, di incongruenze, di idiozie, e apparentemente non ha alcuna intenzione di cambiare, di diventare migliore. E quindi ci sta, anche, che qualcuno decida di andarsene, sbattendo la porta. Ci sta anche che i primi a farlo siano gli inglesi - hanno sempre avuto un piede mezzo fuori. Ma non credo che uscendo, che tirando via il primo mattone dal muro, le cose possano cambiare. Insomma, se vuoi cambiare veramente lo fai dall'interno, batti i pugni sul tavolo. Fai come ha fatto Margaret Thatcher, alzi la voce in Europa – e ottieni quello che vuoi. È vero però che fino ad ora gli inglesi lo hanno anche fatto, e non è cambiato nulla. Quindi è anche giusto prendere e andarsene, in fondo se non vuoi cambiare (UE) sono problemi tuoi. Magari questo scossone darà il via al grande cambiamento, al rinnovamento totale di questa Unione – lo so, sono un illuso. Eppure ci spero sempre, perché sono europeista, sono convinto che l’Unione debba esistere ma sono altrettanto convinto che debba essere totalmente diversa, un’Unione di popoli. Adoro uscire dai miei confini e non essere sottoposto a controlli di frontiera, non dover fare i visti, i permessi di soggiorno. Adoro uscire dai miei confini e poter usare la stessa moneta che uso nel mio Paese, perché se usiamo la stessa moneta significa che siamo veramente tutti sulla stessa barca, siamo veramente tutti insieme, abbiamo veramente un futuro comune. (Va bene, il Regno Unito non ha mai abbandonato la propria valuta, ma essendo sempre stato diverso rientrava tutto nella normalità). Se adesso, presi dalla gioia “orgasmica” di questo risultato, quei movimenti anti europeisti cominciassero a chiedere (come stanno facendo) dei referendum nei restanti Paesi dell’Unione, cosa potrebbe succedere? Ma prima ancora, i governi di questi paesi democratici concederanno questi referendum, sapendo del rischio che si corre? Quanto ci metterà un altro mattone ad essere tolto dal muro? Ecco, uno dei tanti problemi che questo voto ha sollevato è sulla democrazia diretta: tutti questi referendum abrogativi-consultivi, per dare voce ai cittadini, siamo sicuri che non si indirizzeranno verso scelte fallimentari? Può il popolo scegliere, magari e troppo spesso senza cognizione di causa, il futuro di un Paese o addirittura di un continente? Ecco, io credo che oggi a fallire non siano stati gli inglesi, né il Regno Unito, né Cameron: è stata la democrazia (e anche l’Unione Europea). Oggi abbiamo avuto la prova che questa moda di far votare le persone su temi così importanti è sfuggita di mano. E prima che alziate la voce, io ve lo dico: ci sono delle volte in cui la parte giusta è una sola.


Un’ultima, piccola, riflessione sul Primo Ministro che passerà alla Storia per aver permesso che tutto ciò accadesse. David Cameron. Si è dimesso. Esce con grande dignità, ma esce nella polvere, travolto da un referendum che resterà sempre il suo storico errore, azzardo sulla pelle del suo popolo e dell’Europa intera. Ed è un peccato: Cameron era la grande guida che mancava al partito conservatore dopo la fine dell’era Thatcher, era l’uomo capace di riportare alla guida del Regno Unito un governo monocolore tory. Era visto come la salvezza del partito. E, politicamente, ha avuto una straordinaria abilità nel riuscire a portare il partito conservatore nel ventunesimo secolo. Un successo non da poco, senza contare i numerosissimi successi in politica interna. Tutti completamente cancellati da questo tremendo errore che non solo porterà alla damnatio memoriae di questo giovane Primo Ministro tanto fiducioso nella democrazia, ma che rischierà anche di portare indietro di secoli il Regno Unito, in un solo balzo. Questa maldestra manovra potrebbe spaccare definitivamente l’UK: Londra, che già è un universo a sé, in qualche modo accentuerà ulteriormente la sua unicità rispetto al resto del Paese; la Scozia, totalmente filo europea, chiederà un altro referendum sull'indipendenza (e vedi mai che questa volta lo vinca pure – esattamente lo scenario che Cameron si era illuso di aver scongiurato dopo il referendum del 2014); l’Irlanda del Nord ha intenzione di chiedere un referendum per l’annessione con il resto dell’isola. Ma perché, ci si chiede, Cameron ha scelto di indire questo referendum? Nessuno glielo aveva chiesto: durante la campagna elettorale del 2015, Cameron aveva promesso che, se fosse stato rieletto, avrebbe indetto una consultazione sulla permanenza nell'Unione Europea. È stato rieletto e, come pochi altri fanno, ha mantenuto la parola. E va bene, lo ha fatto anche per garantirsi 4 anni sereni di governo, fiducioso di ricompattare il proprio partito sotto la vittoriosa bandiera del remain. Purtroppo ha fatto male i conti.

L’età della cavalleria è finita.

Quella dei sofisti, degli economisti e dei contabili è giunta;

e la gloria dell’Europa giace estinta per sempre.

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